PADRE DANIELEda Samarate |
Nello svolgimento di questa intensa attività,
accade quell'incontro decisivo che muterà completamente il corso
della vita di padre Daniele da Samarate.
Padre Eliodoro da Inzago, giovane missionario
allora (ebbe la grazia di incontrare e assistere il Nostro) ricorda a memoria
le parole che padre Daniele gli disse nel febbraio 1924: Mi trovava
nella Colonia do Prata in qualità di Parroco e Direttore della stessa
Colonia. Tanti anni fa fui chiamato a confessare un'ammalata. Dopo un viaggio
di 24 chilometri arrivai ad una capanna di paglia. Là stava l'ammalata.
Era lebbrosa. Mi fermai qualche ora in quella casa per riposarmi. Può
essere che qualche zanzara, mosca, insetto o ambiente infetto, mi abbiano
comunicato il male. È questo il mio sospetto. Però non ne
sono certo.
Quando? In che anno avvenne tutto questo?
Non ci è dato saperlo.
Frei Camillo Micheli, il più anziano
dei missionari, ha avuto tra le mani la lettera nella quale padre Daniele
narrava l'insorgere della malattia, ma di questa non esiste più
traccia e a distanza di tanto tempo il missionario non ricorda...
Padre Daniele accenna ai suoi strani malesseri
nel 1909!
Ho incominciato la cura della corrente
elettrica per il mio piede, questa la piccola nota al 19 febbraio.
Poi tutto come sempre.
Stupisce il ricovero in ospedale dal 30
marzo al 5 aprile. Padre Daniele sull'agendina annota: Sono uscito dall'ospedale
della Beneficiente con il piede ammalato in via di guarigione [si tratta
del piede destro, rimasto schiacciato per la caduta di un legno pesante
il 13 marzo], ma con l'altro, messo molto male, come paralizzato, per
l'inefficacia delle medicine. I medici non sanno spiegare cosa è.
Con trepidazione seguiamo queste brevi
annotazioni, ben sapendo come sia lenta l'incubazione e misteriosa la manifestazione
di una malattia come la lebbra. L'insensibilità al dolore era uno
dei segni più chiari che il bacillo stava compiendo il suo "inevitabile"
corso.
E
non era ignoto tutto questo al Direttore della Colonia, lui che aveva accompagnato
anche uno dei suoi bambini al lebbrosario...
Il 30 giugno leggiamo: Sono andato
alla capitale per affari e per curare la mia salute.
La cosa è seria al punto che il
3 luglio scrive: Oggi sono stato visitato meticolosamente dai medici...,
i quali mi hanno ordinato di andare subito in Europa.
Non ci sono tracce di reazioni e sentimenti
di fronte a questa "bomba".
Ma avvertiamo che il cuore è torchiato,
quando il 29 luglio confida: In serata gli alunni dei due Istituti e
la gente del Prata mi hanno fatto festa, manifestandomi stima e affetto.
Ho pianto...
Padre Daniele piange?
Alle 8 del mattino ho lasciato il Prata.
Il treno che doveva servire per la mia partenza, è uscito dai binari,
ma non è successo nessuna disgrazia. Così il giorno seguente.
Che cosa è accaduto? Come mai gli
fanno festa, è costretto a partire e.. per dove?
Nemmeno il treno vuole obbedire!
Ma dall'interessato abbiamo solo brevi
e fugaci cenni.
Con padre Giampietro da Sesto S. Giovanni,
Superiore della Missione, ricostruiamo la situazione:
12.7.1909
Molto Rev. Padre Provinciale.
Per imposizione dei medici, trovomi
nella dura necessità di mandare quanto prima in Italia Padre Daniele
da Samarate, Discreto e Superiore del Prata, per essere, a più di
un anno, ammalato di artritide, che, per causa del clima, minaccia convertirsi
in morfèa, se pure già non lo serà. Qualunque dimora,
al dire dei medici, sarebbe di gravissimo pregiudizio all'infermo... pretendo
farlo imbarcare al giorno 5 di Agosto prossimo e alla fine dello stesso
mese arriverà a Milano. Lo farò accompagnare da Fra Damaso...
Dunque da più di un anno, fin dal
1908 c'erano segnali... e non aveva scritto nulla.
Adesso però la "minaccia" è
evidente.
Forse ora ci pare di capire perché
nel Diario padre Daniele scriva al 15 giugno 1909: Oggi ho compiuto
33 anni!!! Sì, proprio con tre punti esclamativi.
A quell'età una malattia inesorabile:
da uomo attivissimo e intraprendente, da missionario zelante e infaticabile,
da direttore e Superiore a... "infermo"!
Ci è difficile mascherare l'impaurito
stupore che ci prende.
Certo la nuova situazione ci dà
modo di constatare la stima che circonda padre Daniele. Se ne fa portavoce
il Superiore della Missione, nella lettera già citata.
Padre Daniele è un Missionario
benemerito e degno di tutte le considerazioni. La sua stessa malattia è
una conseguenza del di lui zelo e delle fatiche e sacrifici sostenuti.
La Missione e lo stesso Governo del
Parà, sono disposti a fare qualunque spesa, per riaverlo presto
sano e salvo nel Prata a continuare l'opera sua di somma importanza alla
Religione, alla Società ed alla Catechesi degli Indii. Se fosse
necessario mandarlo in Alemagna, come dicono i medici di qui, lo mandi
pure chè noi ci responsabiliziamo di tutte le spese. Insomma lo
consegno e raccomando al suo cuore paterno nella certezza di un felice
resultato.
Così, dopo undici anni, padre Daniele
ritorna in Italia. Ma non subito...